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Madonna dei Palafrenieri

La Madonna dei palafrenieri, anche detta Madonna della Serpe, è un dipinto a olio su tela (292x211 cm) realizzato nel 1606 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato nella Galleria Borghese di Roma.

Il quadro mostra Maria ed il Bambino mentre schiacciano il serpente del peccato originale, alla presenza di Sant'Anna.

Storia L'opera fu commissionata all'artista il 31 ottobre 1605 dalla potente Arciconfraternita dei Parafrenieri Pontifici, attraverso l'interessamento del cardinal Ascanio Colonna. Era destinata all'altare della loro cappella nella nuova Basilica di San Pietro in Vaticano, dove avrebbe dovuto sostituire un vecchio dipinto raffigurante la tradizionale Sant'Anna Metterza (oggi conservato nella Sagrestia Vecchia), non più compatibile con le dimensioni del rinnovato allestimento dell'altare. Nella sua sede originaria rimase però solo per pochi giorni, poiché l'opera fu poi trasferita nella chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri.

Al momento della realizzazione dell'opera, per la quale ricevette un compenso di 70 scudi, Caravaggio alloggiava a casa dell'amico giureconsulto Andrea Ruffetti. Considerando l'entità del compenso, relativamente basso se confrontato con quello delle altre opere, si potrebbe supporre che l'autore, al tempo in cui realizzò il dipinto, non godesse più di quel prestigio che aveva giustificato le precedenti remunerazioni. Tuttavia, si può anche ipotizzare che il pittore tenesse particolarmente a che una sua opera trovasse collocazione in un posto prestigioso come la nuova Basilica di San Pietro, e che quindi avesse accettato un compenso più basso. Si può anche ritenere che, nel facilitare l'ottenimento della commissione, avesse giocato un ruolo importante il neo cardinale Scipione Borghese, estimatore di Caravaggio (che nel 1605 aveva dipinto un ritratto dello zio papa Paolo V) e futuro collezionista delle sue opere.

Il 1º dicembre 1605 il Decano della Confraternita paga al pittore il primo acconto della commissione; il 13 marzo 1606 viene fatto un pagamento per il falegname incaricato di realizzare la squadratura in legno per la collocazione del quadro nella cappella che corrispondeva pressappoco al vano ove è oggi il mosaico ricavato dal San Michele di Guido Reni, nella zona absidale dalla parte destra del Transetto di Michelangelo.

Il dipinto fu consegnato l'8 aprile 1606, quando Caravaggio di suo pugno firma la ricevuta a circa cinque mesi dalla commissione, ma il quadro rimase sull'altare pochi giorni, addirittura forse meno di un mese. Il 16 aprile viene fatto un pagamento per i facchini che devono operare il trasferimento del dipinto da San Pietro alla chiesa di S. Anna dei Palafrenieri; il 19 maggio la Confraternita Vaticana salda la commissione con il pittore versando l'ultima tranche, mentre il 16 giugno i confratelli autorizzano, dal momento che non intendono tenersi il quadro, il cardinale Borghese all'acquisto a un prezzo favorevole del dipinto; il 20 luglio 1606, il cardinale paga la somma di 100 scudi al Decano dei Palafrenieri.

Descrizione La tela raffigura l'Immacolata Concezione secondo il passo del Genesi (III.15): Io porrò inimicizia fra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno. Tre personaggi sono presenti: la Madonna, Gesù bambino e Sant'Anna. I primi due personaggi appaiono molto più dinamici rispetto a Sant'Anna. La Santa segue solo con lo sguardo l'azione e sembra una "enorme bronzea figura". C'è un ottimo gioco di volumi e un'armonia di solidi a contrasto (ad esempio, il petto della Madonna e le pieghe dei vestiti) che conferiscono un'estrema verosimiglianza al dipinto. Infine, la luce gioca un ruolo fondamentale nel dipinto: una proviene da sinistra ed ha il ruolo di formare le immagini ed il volume, l'altra proviene dall'alto e potrebbe simboleggiare, secondo il Brandi, il lume della Grazia divina. Per rappresentare il serpente, le cui spire ricordano il serpente di bronzo sulla colonna in Sant'Ambrogio a Milano, il pittore si è evidentemente ispirato a un cervone.

Iconografia e Iconologia La contesa intorno al tema iconografico dell'Immacolata Concezione nasceva dall'interpretazione da dare al passo del Genesi (III. 15): Ipsa conteret caput tuum. I cattolici leggevano Ipsa, la Vergine, colei che dunque aveva il merito di schiacciare col piede il capo del serpente; i luterani, invece, leggevano Ipse e dunque per loro era il Figlio a sconfiggere il Maligno. Emile Male sostenne che la scelta di Caravaggio era eretica perché più vicina a ciò che pensavano i luterani: l'iconografia era motivo di contrasto fra cattolici e luterani e si rifaceva alla bolla di Pio V del 1569. La bolla di Paolo V però non sosteneva che fosse stato Gesù a schiacciare la serpe, bensì Maria per mezzo del suo frutto, vale a dire Gesù Cristo stesso. Il Ficino, che a sua volta aveva sviluppato un tema già figurato dal Lomazzo, nel 1571, l'anno dopo la Bolla del papa, aveva realizzato una Madonna della serpe fra San Paolo e San Michele già dipinta per S. Romano a Lodi, in cui Gesù aiuta la Vergine a schiacciare con il piede il serpente. L'opera era stata commissionata a Ficino dai Gesuiti forse per S. Fedele a Milano e sviluppava un'iconografia che trovava consensi in Italia e si pensi a due pale simili come quella del Barocci, proveniente da S. Francesco di Urbino, ora nella Galleria Nazionale delle Marche e di Ludovico Carracci, già in una chiesa dei Servi ad Urbino ed ora a Bologna; quindi non vi erano problemi nella raffigurazione iconografica. I Gesuiti, che sostenevano il ruolo salvifico del Figlio, non gradendo la prima versione della pala ne commissionarono una seconda: ma anche questa, dopo due anni dalla collocazione, venne rimossa evidentemente per l'intervento di qualche autorità esterna all'ordine, forse lo stesso cardinale Federico Borromeo. È evidente che, quindi, l'iconografia in ambito strettamente riformato non accontentava tutti e destava sospetti. Probabilmente la soluzione di Caravaggio, che riprendeva l'iconografia del Ficino, spiazzò i Palafrenieri che avevano commissionato non propriamente una Immacolata Concezione ma una versione più elaborata della tradizionale S. Anna Metterza. Il pittore invece preferì seguire l'iconografia del Ficino (nella cui casa probabilmente Caravaggio aveva visto la prima versione del suo dipinto e in seguito la seconda versione in S. Fedele) che aveva portato all'esclusione del dipinto e quindi anche la sua concezione del ruolo salvifico di Cristo nella redenzione dal peccato originale, evidenziando il carattere più umano della Vergine. Va pure ricordato che l'umanissima Morte della Vergine di Santa Maria della Scala venne anch'essa, poco dopo, rifiutata. Come sostiene Pierguidi, richiamandosi a quanto detto da Ferdinando Bologna, Caravaggio non si era per nulla allineato alle direttive della Controriforma senza per questo seguire concezioni luterane, ma sostenendo una visione diversa proprio a proposito dell'umanità della Vergine e dell'Immacolata Concezione e della sua iconografia, il tema specifico della pala del Ficino alla quale aveva voluto richiamarsi. Come abbiamo detto sopra S. Anna, secondo Salvatore Settis, è ripresa dalla statua di Demostene in meditazione, secondo Friedlaender anche la posa della Vergine e del Bambino derivano dalla statuaria antica, esattamente dalle figure scolpite in un sarcofago romano con Bacco e Arianna oggi a Baltimora Naturalmente il pittore, che poteva aver visto le opere d'arte antica nelle ricche collezioni romane di Villa Medici, riprese dal naturale le due immagini della Madonna e del Bambino, poteva aver dato loro pose statuarie, come era il caso della S. Anna, che però sembra molto più convincente nella ripresa del modello antico.

1606
Oil on canvas
292.0 x 211.0cm
Q2715302
Immagine e testo per gentile concessione di Wikipedia, 2023