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Trittico del Giardino delle delizie

Il Giardino delle delizie (o Il Millennio) è un trittico a olio su tavola (220×389 cm) di Hieronymus Bosch, databile al 1480-1490 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid.

È ritenuto il capolavoro di Bosch e la sua opera più ambiziosa. In nessun altro lavoro Bosch raggiunse un tale livello di complessità, sia per i significati simbolici che per la vivida immaginazione espositiva. L'opera rappresenta numerose scene bibliche e ha probabilmente lo scopo di descrivere la storia dell'umanità attraverso la dottrina cristiana medievale.

Il trittico è formato da un pannello centrale di forma pressoché quadrata al quale sono accostate due ali rettangolari richiudibili su di esso; una volta piegate, mostrano una rappresentazione della Terra durante la Creazione. Le tre scene del trittico aperto sono probabilmente da analizzare in ordine cronologico da sinistra verso destra, per quanto non vi sia la certezza di questa lettura. Il pannello di sinistra rappresenta Dio quale perno dell'incontro tra Adamo ed Eva; quello centrale è una vasta veduta fantastica di figure nude, animali immaginari, frutti di grandi dimensioni e formazioni rocciose; quello di destra è invece una visione dell'Inferno e rappresenta i tormenti della dannazione.

Gli studiosi hanno spesso interpretato l'opera come un ammonimento agli uomini sui pericoli delle tentazioni; nonostante ciò, l'intricato mescolarsi di figure simboliche, in particolare nel pannello centrale, ha portato nel corso dei secoli a numerose altre interpretazioni e ancora ci si divide tra chi crede che il pannello centrale contenga un insegnamento morale per l'uomo e chi lo considera una veduta del paradiso perduto.

Storia La prima documentazione storica del dipinto risale al 1517, un anno dopo la morte di Bosch, quando Antonio de Beatis, un canonico di Molfetta, descrisse il Giardino come parte della decorazione del palazzo dei conti della Casa di Nassau a Bruxelles, luogo di grande importanza spesso visitato da capi di Stato e influenti personaggi di corte.

L'aristocrazia dei Paesi Bassi di Burgundian, influenzata dal movimento umanistico, fu tra i maggiori collezionisti delle opere di Bosch, ma oltre a ciò rimangono poche tracce della posizione dei suoi dipinti negli anni immediatamente successivi alla sua morte; è molto più comune, infatti, avere registri di opere commissionate e possedute da chiese e conventi. È probabile che il committente dell'opera sia stato Enrico III di Nassau-Breda, lo Statolder e Governatore di molte delle province degli Asburgo nei Paesi Bassi. De Beatis scrisse nel suo diario di viaggio:

Enrico era conosciuto come un accanito collezionista di opere d'arte e di curiosità esotiche che, nei suoi palazzi a Bruxelles e Breda, raccoglieva in una sorta di Wunderkammer. Condivideva tale passione con Filippo il Bello, legato da una stretta amicizia, e non è escluso, come ipotizzò Hans Belting (2002), che tra i due fosse in atto una sorta di "gara" nell'accaparrarsi i lavori di Bosch, che entrambi stimavano.

L'esposizione nel palazzo dei Conti della Casa di Nassau, largamente visitato da numerosi personaggi dalla grande influenza e prestigio, dovette contribuire ad accrescere velocemente la reputazione di Bosch in tutta Europa. La fama del dipinto può essere misurata dal grande numero di copie sopravvissute, commissionate da clienti facoltosi e rappresentanti spesso il solo pannello centrale, riproposte in minori dimensioni e solitamente create con diverse tecniche quali l'incisione, l'arazzo o la pittura su tavola.

La descrizione di De Beatis, riscoperta solo negli anni sessanta del Novecento, ha gettato nuova luce su un lavoro che, a causa della mancanza di una figura religiosa centrale, fino a quel momento era considerato un'atipica pala d'altare. Sono conosciuti a oggi molti dittici olandesi e alcuni trittici per privati, ma al confronto i pannelli di Bosch sono insolitamente più grandi e non contengono al loro interno immagini del committente e futuro proprietario dell'opera. Caratura e importanza dell'opera fanno pensare comunque a un lavoro commissionato, le cui immagini fantastiche rimangono legate da un preciso significato simbolico, forse richiesto per celebrare delle nozze, così come accadeva frequentemente con dipinti italiani di grandi dimensioni.

Alla morte di Enrico III l'opera passò nelle mani del nipote Guglielmo I d'Orange, il fondatore della Casa d'Orange-Nassau e comandante della rivolta olandese contro l'Impero spagnolo alla fine del XV secolo. Nel 1568 il Duca d'Alba confiscò il dipinto e lo portò in Spagna, dove divenne proprietà di Don Fernando di Toledo, dell'Ordine di San Giovanni, figlio naturale del Duca e comandante militare nei Paesi Bassi. All'asta della sua morte Filippo II di Spagna acquistò il Giardino nel 1591, e due anni dopo, l'8 luglio 1593, lo portò all'Escorial. Un inventario dell'epoca lo descrive come:

L'opera passò infine dall'Escorial al Museo del Prado nel 1939, insieme ad altri lavori dell'autore fiammingo. A oggi si può constatare quanto il dipinto non sia particolarmente ben conservato, in particolare nella zona centrale in cui l'opera ha perduto materia pittorica attorno alle giunture dei pannelli.

Nel 2009 il Museo del Prado ha selezionato il Giardino delle delizie come uno dei dipinti più importanti della pinacoteca, rendendolo disponibile su Google Earth con una risoluzione di 14.000 megapixel.

Interpretazione Dato che conosciamo pochissimi dettagli della vita di Bosch, come detto precedentemente, l'interpretazione dell'opera risulta estremamente complessa, rappresentando una difficile sfida per gli studi in campo artistico. I singoli elementi e temi possono essere affrontati e spiegati, ma il rapporto reciproco che li lega e la loro connessione con l'opera nella sua unicità rimane sfuggente. Le enigmatiche scene che si dispiegano nei pannelli del trittico aperto sono state studiate per secoli da studiosi e esperti, arrivando spesso a conclusioni contraddittorie. I complessi elementi e concetti esposti nell'opera hanno dato vita a molteplici analisi, basate spesso su sistemi simbolici derivanti dall'astrologia, dal folclore, dal subconscio umano e dall'alchimia, mondo misterioso accostato profondamente all'iconografia del Giardino. La critica iniziale si soffermò soprattutto sulle figure demoniache e sugli elementi fantastici che più colpivano l'occhio, tralasciando un'analisi profonda sul suo pensiero e la sua filosofia. Fino al principio del XX secolo rimase diffusa l'idea che i dipinti di Bosch contenessero prediche e prese di posizione tipiche della letteratura medievale pedagogica; lo storico Charles de Tolnay scrisse:

Generalmente il trittico è descritto come un ammonimento contro la lussuria e l'avidità, mentre il pannello centrale come una rappresentazione della caducità dei piaceri terreni. Nel 1960 lo storico Ludwig von Baldass introdusse una visione sequenziale dei tre pannelli, sostenendo che Bosch mostra:

De Tolnay considerava il pannello centrale come l'incubo dell'intera umanità, un cimento artistico con lo scopo di mostrare al di là di ogni dubbio le conseguenze deleterie dei piaceri dei sensi e sottolineare il loro carattere effimero. Si ricava da questa sezione del dipinto l'impressione di un'esistenza vissuta senza conseguenze per le proprie azioni, data dall'assenza di bambini e personaggi anziani. Nel secondo e terzo capitolo della Genesi, si narra che i figli di Adamo ed Eva nacquero dopo la cacciata dall'Eden: questo ha portato alcuni studiosi a ipotizzare che il pannello rappresenti un mondo in cui non vi è mai stata traccia del Peccato Originale, e tutto continui a esistere nella condizione primordiale. Secondo Fränger la scena rappresenta:

Svariati critici sostengono che il dipinto percorra una sequenza narrativa; la Creazione divina è seguita dalla corruzione del corpo e dalla perdita dell'innocenza primordiale, e alla fine giunge la punizione dell'Inferno. A prova di ciò può essere portato che il trittico nel corso dei secoli ha assunto nomi quali La Lussuria, I peccati del mondo e I compensi del peccato. Altri sostenitori di questa interpretazione mettono l'accento su un ulteriore carattere; i moralisti contemporanei di Bosch credevano infatti che la donna fosse la tentazione che costringe l'uomo a una vita di peccato e lussuria: questo potrebbe spiegare per quale motivo nel pannello centrale vi sia prevalenza di figure femminili, le quali adescano l'uomo con le loro lusinghe e lo portano sul baratro dell'Inferno. L'iconografia tipica che illustra questo concetto è quella della donna circondata da un cerchio di uomini, ritrovabile in alcune opere della seconda metà del XV secolo.

L'interpretazione di cui sopra è coerente con ulteriori opere a sfondo morale di Bosch, dove la follia dell'uomo di fronte al peccato è esposta in maniera cruda e impattante; anche se ognuno di questi lavori fornisce diverse chiavi di lettura, si può comprendere come Bosch utilizzi forme e colori appariscenti per palesare la condanna verso ciò che dipinge. La visione medievale, naturalmente sospettosa di ogni forma di bellezza materiale, deve aver archiviato la spettacolare sontuosità della pittura di Bosch come la descrizione di un falso Paradiso, brulicante di piaceri transitori e fugaci.

Nel 1947 Wilhelm Fränger ha ipotizzato che il pannello centrale mostri un mondo in festa per la ritrovata innocenza di tutta l'umanità, condizione primordiale vissuta da Adamo ed Eva prima della Caduta. Lo storico sostiene inoltre la controversa tesi secondo cui Bosch fece parte della setta cristiana degli Adamiti, conosciuti come Homines intelligentiae o Fratelli del Libero Spirito; tale gruppo, attivo nell'area del Reno e dei Paesi Bassi, si batteva per trovare una forma di spiritualità immune dal peccato anche nella forma fisica dell'uomo.

L'opera stessa sarebbe stata commissionata dal Gran maestro dell'ordine, anche se è più diffusa l'idea che questa sia stata creata per scopi non devozionali, a causa della complessità del messaggio. Fränger sostiene che le figure del Giardino delle delizie:

Lo studioso asserisce inoltre che gli elementi del pannello di destra, il cosiddetto Inferno musicale, non debbano essere considerati come la punizione per gli atti compiuti nel pannello centrale; devono invece essere ritenuti come una visione staccata, che indica la giusta condanna per musicisti, giocatori d'azzardo, profanatori e blasfemi.

In The Millennium of Hieronymus Bosch vengono inoltre avvicinate, per temi e interpretazioni, tre opere in particolare, che si vanno a distaccare dalle ulteriori prove artistiche del maestro fiammingo: il Trittico delle Tentazioni di sant'Antonio, il Trittico del Carro di fieno e, ovviamente, il Giardino delle delizie. Nonostante la loro forte carica anticlericale, e l'evidente impatto visivo, furono probabilmente tutte pale d'altare, concepite per scopi devozionali di sette religiose.

Altri critici ritengono che sia ingiusto proiettare su Bosch visioni prettamente post-rinascimentali, aggiungendo interpretazioni a posteriori avulse dal contesto; il trittico doveva avere un senso logico anche tra i suoi contemporanei, e presumibilmente si tratta di un'opera su commissione. Lo scrittore Carl Linfert interpreta il pannello centrale come un'espressione della morte e della caducità umana, scovando figure che si allontanano dalle attività con l'aria di aver perduto ogni tipo di piacere. Ernst Gombrich, analizzando l'opera alla luce del libro della Genesi e del Vangelo secondo Matteo, concorda con Linfert nell'affermare che il Giardino presenti:

Secondo lo studioso austriaco naturalizzato britannico, Bosch si sarebbe ispirato a passi biblici e commenti medievali in cui l'umanità prima del diluvio è rappresentata come dissoluta, dedita ai piaceri della carne e della gola, circondati da un mondo più lussureggiante e in pace coi vari animali: un passo biblico riporta infatti come la terra prima del diluvio fosse così fertile da generare frutti enormi, coi quali gli uomini si sfamavano senza bisogno di ricorrere alla caccia e alla pesca.

Da ricordare è anche lo studio di Lynda Harris, la quale ritiene Bosch un chiaro esponente del Catarismo; tutta l'opera avrebbe dunque come scopo quello di codificare la dottrina dell'eresia tramite un linguaggio cifrato e nascosto, per poterla preservare dopo la caduta degli ultimi esponenti e tramandarla fino ai posteri. Ad oggi le ipotesi che vedono Bosch vicino ad ambienti eretici non hanno ancora trovato un fondamento storico.

between 1490 and 1500
Oil on oak panel
205.5 x 384.9cm
P002823
Immagine e testo per gentile concessione di Wikipedia, 2023

Dove si trova

Museo del Prado
Museo del Prado
Collezione permanente