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Santa Trinità

La Santissima Trinità, con la Vergine Maria, San Giovanni e i donatori è un affresco di Masaccio, conservato nella terza campata della navata sinistra della Basilica di Santa Maria Novella a Firenze, databile tra il 1425 e il 1428. Misura 317x667 cm ed è universalmente ritenuta una delle opere fondamentali per la nascita del Rinascimento italiano nella storia dell'arte. In essa si trovano tutti i principali contenuti della cultura umanistica e si ha una perfetta sintesi tra pittura, scultura e architettura. Si tratta dell'ultima opera conosciuta dell'artista, morto a soli ventisei anni.

Storia Nessun documento scritto attesta la data esatta di esecuzione del dipinto e l'identità del committente, nonostante sia raffigurato, con la moglie, ai piedi del dipinto; a proposito di quest'ultimo è stata formulata anche l'ipotesi si tratti di un priore domenicano presente in quegli anni nel convento, Fra' Benedetto di Domenico di Lenzo, e che l'opera sia stata eseguita in onoranza di un suo congiunto defunto in quegli anni, forse Berto di Bartolomeo del Banderaio, rappresentato inginocchiato nella fascia bassa dell'affresco assieme a sua moglie Sandra.

L'affresco si trova in posizione asimmetrica nella campata, esattamente davanti alla porta che conduceva al cimitero della Basilica. Il dogma della Trinità era dopotutto un tema di importanza fondamentale per i domenicani, proprietari della chiesa, come testimonia la posizione di rilievo dell'affresco all'interno della navata. Alla complessa creazione tematica del dipinto dovette sicuramente partecipare un teologo del convento, che Berti (1988) ha ipotizzato potesse essere Fra' Alessio Strozzi, religioso, umanista e matematico che frequentava artisti come Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi.

La progettazione dell'opera dovette richiedere parecchi mesi, con un preciso calcolo delle proporzioni che necessita la parziale chiusura della finestra sulla parete per guadagnare altezza.

Lo stato di conservazione dell'opera mostra ampiamente i segni dell'usura derivanti dal tempo e, ancor più, dalle varie e curiose vicissitudini seguite nel corso della storia. L'opera infatti si è fortunatamente conservata sino a noi grazie a Giorgio Vasari. Egli, incaricato di smontare il tramezzo, nelle vicinanze del quale l'opera era collocata (per ragioni legate alla Controriforma), non trovando altro luogo dove conservarla all'interno della chiesa (poiché ne riconosceva l'immenso valore storico artistico), decise di nasconderla dietro ad un nuovo altare. In questo modo quest'opera si è preservata quasi intatta. L'altare soprastante era sormontato da una grande pala dedicata alla Vergine del Rosario realizzato, per la famiglia Capponi dallo stesso Vasari.

Nel 1860, durante la rimozione dell'altare vasariano in un progetto di conversione degli altari della chiesa in stile neogotico, venne riscoperto l'affresco della Trinità. Per non farlo coprire dall'altare neogotico, l'affresco fu trasportato "a massello" - cioè tagliando anche lo spessore di muro su cui era dipinta - sotto l'occhio vigile del restauratore Gaetano Bianchi e spostato sulla parte bassa della controfacciata della chiesa. Quasi un secolo dopo, nel 1952, grazie allo studio di testi rinascimentali del filologo e direttore dei restauri della città Ugo Procacci, fu scoperto però che la Trinità era in realtà composta anche da uno scheletro e dal suo sarcofago dipinto; così si decise di rimuovere l'altare vasariano che fungeva da base all'altare neogotico che copriva questa parte dell'affresco. A quel punto, però, si decise di risistemare l'affresco nella sua collocazione originale e di riunirla con la sua parte inferiore, un'operazione che venne guidata dal restauratore Leonetto Tintori.

Un ulteriore restauro eseguito tra il 1999 ed il 2001 ha consentito un importante, anche se parziale, recupero delle tonalità originali dell'affresco.

La ricezione dell'opera è talmente diffusa da esser stata, probabilmente, perfino citata in un'architettura reale a distanza di tempo, come quella voluta nella propria cappella seicentesca della Santissima Trinità dall'architetto Carlo Lambardi, nella chiesa di Santa Maria in Via, Roma.

Descrizione Ernst Gombrich esprime nei seguenti termini il carattere innovativo del dipinto:

Stile Se fino ad allora Masaccio aveva rappresentato con forte realismo i suoi soggetti, pur mantenendo inalterata la loro solennità, con la Trinità si fa teologo, entrando a fondo nel mistero divino. La prima impressione che si ha alla vista dell'affresco è quella di un monumento alla razionalità, con una simmetria e un ordine di caratteristico misticismo, dove l'immobilità è simbolo dell'atemporalità del dogma cristiano.

Il dipinto appare monumentale, finalizzato a creare, attraverso l'uso della prospettiva, l'illusione di una cappella popolata da figure alquanto solenni e pesanti, quasi fossero statue policrome. L'affresco appare progettato per essere visto dal lato opposto della navata. È il corpo di Cristo, posto in posizione centrale rispetto alla struttura piramidale del gruppo, lo snodo visivo e concettuale del registro superiore dell'affresco. Sul suo petto si intersecano le linee rette ideali tangenti al capo delle due coppie (donatore-Maria, donatrice-San Giovanni).

La gamma cromatica utilizzata é volutamente ristretta, interamente incentrata su diversi toni del grigio, del blu e del rosso. Nelle architetture e nelle vesti dei personaggi il blu ed il rosso sono impiegati in termini oppositivi secondo precise simmetrie la cui interpretazione rimane alquanto criptica.

Interpretazione L'opera è ricca di significati iconografici e teologici che Masaccio deve aver dettagliatamente discusso con il committente: sul loro senso gli studiosi si sono lungamente interrogati senza tuttavia giungere a pareri uniformi. Sicuramente l'opera contiene significati complessi e sovrapposti, senza una singola interpretazione che possa escludere le altre.

Innanzitutto non è chiaro cosa simboleggi lo spazio sotto la volta a botte: se una cappella, una tomba, la cappella del Golgota, il tabernacolo di Davide o l'anticamera del Paradiso.

Dio Padre si erge a piedi nudi su una piattaforma che è stata alternativamente interpretata come una tomba o l'Arca dell'Alleanza o una semplice tavola sorretta da mensole.

L'evidenza sembra suggerire semplicemente una combinazione tra un monumento funebre e una rappresentazione della Trinità. Il dipinto può quindi essere letto verticalmente, dal basso verso l'alto, come ascensione verso la salvezza eterna: in primo piano il sarcofago con scheletro, che ricorda la transitorietà della vita terrena, poi le due figure inginocchiate che pregano (la dimensione umana), poi la Madonna e San Giovanni nel ruolo di santi intercessori, poi ancora la Passione di Gesù, promessa di salvezza, ed infine la gloria del Padre.

Un'ipotesi avanzata (seguendo la testimonianza del Vasari) è che il dipinto funzionasse come pala d'altare al quale era stato accostato un altare per le funzioni religiose in memoria dei defunti: Dio Padre che presenta il figlio crocefisso sarebbe allora un'immagine che simboleggia il sacrificio eucaristico che si compie sull'altare.

Un'altra ipotesi verosimile è anche che si tratti di un memoriale funerario, vale a dire un'immagine destinata a suscitare la meditazione sulla salvezza eterna di chi visitava la chiesa, assieme al ricordo delle persone defunte.

Il sarcofago potrebbe anche far pensare ad un'adesione alla tradizionale raffigurazione di un teschio ai piedi della croce innalzata sul Golgota (ove una leggenda vuole siano interrati i resti mortali di Adamo). Non si spiega tuttavia, in questo modo, il motivo per il quale vi è raffigurato un sarcofago sul quale giace uno scheletro ed il senso del monito che ricorda l'ineluttabilità dell'ora della morte.

Trattandosi di una rappresentazione in una chiesa domenicana è da sottolineare l'interpretazione della scena che vede in essa l'affermazione della Resurrezione come unica risposta alla morte: il Cristo morto è anche risorto, e anche la nostra morte avrà uguale soluzione.

c. 1426-1428
Fresco
667.0 x 317.0cm
Q977200
Immagine e testo per gentile concessione di Wikipedia, 2023